Intervista a Sensei Stefano Agostini
Stefano Agostini è il mio Sensei di I-ken/Yi quan.
Lo conosco dal 2000 e per lungo tempo mi sono allenato al Budokan di Firenze.
Sensei è uno dei migliori studiosi, praticanti e combattenti europei di stili interni.
Infatti è tra i pochi, se non l’unico in Italia, a proporre un sistema di combattimento efficace e realistico basato sulle dinamiche di queste scuole.
Mentre molti presunti istruttori di stili interni si nascondono dietro alla ripetizione ottusa di forme più o meno artistiche, indossando splendidi pigiami satinati, senza sudare e nascondendo le loro incapacità dietro a vuoti paroloni in cui ricorre spesso la parola “energia”, Sensei Stefano non esita a indossare le protezioni e a praticare il kumite con chiunque.
La sua cultura, non solo marziale, come la sua passione per lo studio sono notevoli, vi consiglio di procurarvi i suoi libri editi dalle Edizioni Mediterranee: “Kung Fu Yi Quan, la boxe della mente “ e “I segreti delle arti marziali interne” e, se passate a Firenze, fermatevi presso il suo dojo, ne vale la pena!
– grazie della tua disponibilità Stefano, puoi presentarti ai nostri lettori?
R.: Mi chiamo Stefano Agostini, sono psicologo e psicanalista, ma da quasi
quaranta anni lavoro come insegnante professionista di Arti Marziali.
Ho praticato per circa 20 anni Karate Shotokan col M° Hiroshi Shirai,
e sono 5° Dan di Karate della Dai Nippon Butokukai.
In quel periodo ho praticato anche Judo, Kobudo, e Nippon Kempo.
Nel 1992 sono entrato nella Scuola del M° Kenji Tokitsu, e ho cominciato
il mio lungo viaggio nelle Arti Marziali Interne.
Ho praticato Tai Chi di diversi stili, Hsing I, Pa Kua, molti sistemi di Chi Kung, sono
stato uno dei pionieri europei e mondiali di Yi Quan, ho studiato Wing Chun di diverse
correnti, e BJJ con il primo campione italiano e caro amico, Roberto Galardi.
Sono stato anche il primo Italiano a seguire lo stile I Liq Chuan del M° Sam Chin,
e il primo Italiano a seguire in Giappone la Scuola Kuroda e il Metodo Hida.
Negli Stili Interni cinesi ho avuto diverse cariche, come responsabile italiano
ed europeo di diverse scuole, ma poi mi sono staccato da tutto questo, e
ora lavoro per conto mio.
Ho inoltre collaborato per molti anni con alcune importanti riviste del settore,
come “Samurai” e “Kung Fu Magazine”, e ho pubblicato per i tipi della “Edizioni
Mediterranee” due libri : “Kung Fu Yi Quan”, e “I Segreti delle Arti Marziali Interne”.
Attualmente dirigo il centro di Arti Marziali Budokan, di Firenze, e la mia
associazione, che si chiama “International Nei Jia Academy”.
– quando e perché hai iniziato le arti marziali?
R. : Ho iniziato a 12 anni. Ero sempre stato appassionato di Giappone e Arti Marziali.
Mi ero messo a cercare una palestra, e trovatala, avevo chiesto
alla mamma di venire a firmare l’iscrizione.
“Non si preoccupi, signora : in questa palestra non si è mai fatto male nessuno ! “
disse a mia madre, venuta per iscrivermi, il piccolo e famoso maestro di Judo, Elio
Sarti, uno dei pionieri della arti marziali in Toscana. Poi, quando la mamma fu uscita,
si alzò dalla scrivania e andò faticosamente verso la sala da allenamento, zoppicando
sulla protesi al ginocchio che gli avevano messo dopo un incidente di pratica.
Avevo 12 anni, e desideravo fare arti marziali da sempre. Sulla rivista Cintura Nera,
una interessante pubblicazione di Bologna, avevo letto un articolo su questa storica
palestra di Firenze, e finalmente ero riuscito a convincere i miei ad iscrivermi.
Mi ero comprato una borsa e un ottimo Judo-gi, e cominciai a frequentare il corso,
un po’ lontano da casa mia, senza disturbare oltre i miei genitori.
Oggi può sembrare strano che un ragazzino di 12 anni fosse così autonomo,
ma…erano altri tempi.
Il Judo mi piaceva, ma quello che veramente mi affascinava era la misteriosa stanza
dove facevano il Karate, un corso aperto solo ai maggiori di 18 anni.
Così, dopo un anno e mezzo, interruppi la pratica e decisi di aspettare la maggiore
età per fare quello che desideravo veramente.
A 17 anni cominciai a girare le poche scuole di Karate di Firenze, a leggere quello che
si trovava in giro, e a vedere qualche gara delle diverse federazioni, in modo da
essere sicuro di scegliere il posto migliore dove cominciare.
E finalmente, a 18 anni, cominciai la pratica del mio sogno, in una famosa scuola
affiliata all’organizzazione del Maestro Hiroshi Shirai, uno dei più grandi esperti al
mondo, che aveva scelto di insegnare in Italia.
– come hai scoperto gli stili interni?
R. : Nel 1982, una breve introduzione al Tai Chi Chuan, col Maestro Chang Dsu Yao, mi
aveva lasciato del tutto insoddisfatto, e piuttosto deluso della famosa arte cinese.
Nel 1992 accadde però qualcosa che doveva rivoluzionare completamente la mia
pratica.
Avevo seguito con molto interesse la pubblicazione di una serie di appassionanti
articoli sulla rivista Samurai, che descrivevano il lavoro di un giovane Maestro
giapponese, Kenji Tokitsu, venuto dalla mia stessa scuola di Karate, ma poi salpato
per altri misteriosi e affascinanti lidi.
Alla fine, decisi di andare a trovarlo a Milano, partecipando a uno dei seminari
italiani della sua scuola.
Il lavoro che feci in quei due giorni mi lasciò davvero senza parole : Tai Chi, Karate
classico di Okinawa, Yi Quan, Tai Ki Ken, Chi Kung, tutto proposto con una coerenza
globale, un’unità di principi, e un rigore di ricerca senza paragoni.
Comprai dieci copie del manuale tecnico della scuola “Shaolin Mon”, tornai a
Firenze, le regalai alle mie cinture nere e comunicai che da quel momento avrei
seguito il Maestro Tokitsu e la sua organizzazione, ricevendo reazioni diverse :
qualcuno decise di seguirmi, e qualcun altro se ne andò sbattendo la porta.
Ma io non potevo fare altrimenti : avevo “riconosciuto” quello che avevo cercato
per così tanti anni.
Cominciarono anni di studio “matto e disperatissimo” : c’erano tantissime cose da
imparare.
Due stili di Tai Chi, Chen Tsung e Chen, il lavoro energetico, i Kata di Karate di
Okinawa, lo Yi Quan e il Tai Ki Ken, il Ken Jutsu interno della Scuola Kuroda.
Avevo trovato la mia strada.
– e’ cambiato il tuo modo di allenarti a quando hai iniziato a praticarli?
R. : Quando cominciai a praticare i veri stili interni, il mio corpo
cominciò a rifiutare il Karate esterno che avevo fatto fino a quel momento : non
riuscivo più a muovermi in un certo modo.
Con questo non voglio dire che un sistema sia superiore all’altro : è una questione
di scelta, a volte determinata da svariati fattori. Il gusto personale, l’età, il tempo a
disposizione, e, non ultimo, il talento che si può manifestare per l’una o l’altra
scuola.
Ma mentre gli stili esterni sono molto chiari e comprensibili, la scuola interna ha
caratteristiche meno ovvie, e i problemi e talora gli egoismi legati alla trasmissione
hanno fatto sì che a volte l’apparenza abbia sostituito la sostanza, e quelli che
dovevano essere gli elementi di base, siano stati così nascosti o dimenticati da
essere diventati “segreti”.
Per questo ho scritto il mio ultimo libro : “I Segreti delle Arti Marziali Interne”,
dove spiego in dettaglio quello che ho capito in tanti anni.
– cosa pensi possa dare la pratica degli stili interni a chi pratica karate o Jiujitsu brasiliano?
R. : Il primo obiettivo degli Stili Interni è costruire una nuova conoscenza e una nuova
gestione del proprio corpo.
Si usano biomeccaniche diverse, che di solito sono improntate a dei principi di economia
energetica, e che quindi diventano particolarmente preziose con l’avanzare dell’età,
quando la forza fisica diminuisce.
Sicuramente direi che, a prescindere dalle scelte individuali, una maggiore comprensione
del funzionamento e delle possibilità del corpo porta a risultati migliori e più
proiettati nel futuro.
– quali sono gli obbiettivi della tua scuola?
R. : Nella mia scuola cerco di trasmettere agli allievi i principi e le tecniche degli Stili Interni
usando una didattica particolare, elaborata da me negli ultimi venti anni, che utilizza i punti
sinergici dei vari stili per raggiungere una comprensione più completa, profonda e veloce.
Oggi la didattica è essenziale, perché nessuno pùò più dedicare 5-6 ore al giorno alla
pratica, come nei tempi antichi, ma dobbiamo cercare di arrivare almeno alla stessa
comprensione con 2-3 lezioni alla settimana. Naturalmente portate avanti per alcuni anni,
come un Corso di Laurea, o di Conservatorio. Si tratta pur sempre di Arti profonde e
complesse.
– hai un anedotto divertente riguardo ai tuoi anni di pratica?
R. : Ce ne sarebbero parecchi, ma la maggior parte non si può raccontare. Ma uno sì.
Eravamo a Pechino nel 2000 per conoscere alcuni famosi Maestri di Yi Quan.
Tramite alcuni amici venimmo portati allo Zoo di Pechino, dove uno di loro
faceva il guardiano, era il famoso Wang Hong Xian. Wang ci ricevette negli
spogliatoi sotterranei dei guardiani, e la persona che ci accompagnava ci
stupì subito perché lo salutò inginocchiandosi e baciandogli la mano.
Dopo cominciammo a parlare, e a un certo punto Wang disse che mi avrebbe
fatto sentire la forza della sua spinta : mi mise le mani sul petto ed emise
un falì, un’onda di forza.
Bene, entrando avevo visto gli armadietti metallici dello spogliatoio dietro di me, e
quando mi sentii sollevare da terra e cominciai a volare, mi ricordo che pensavo :
“ Speriamo che sull’armadietto non ci sia la chiave…speriamo che non ci sia la
chiave…speriamo che non ci sia la chiave…..