Alla scoperta del Kendo “perduto”
Sono sempre stato affascinato dalla storia, dalla cultura e dalla pratica della spada giapponese.
Tra le tante scuole di kenjutsu/kendo esistenti, sicuramente una di quelle che ha più attirato la mia attenzione è la Tennen Rishin Ryu, codificata da Kondō Kuranosuke Nagahiro intorno al 1790, durante l’Era Kansei (1789-1801).
Essendo stata una dei primi Ryu a praticare, o comunque a rendere popolare, il “Gekiken” (allenamento libero con l’armatura con un compagno), la Tennen Rishin Ryu sviluppò presto la fama di una scuola dura e efficace, soprattutto nei duelli e negli scontri che, nella Kyoto della seconda metà dell’ottocento, videro i mitici Samurai della Shinsegumi usare con successo le sue tecniche
Dopo un contatto via mail con la sede centrale della scuola, avvenuto alcuni anni fa, con grande piacere e onore, durante il mio viaggio di studio a Tokio, sono finalmente riuscito a frequentare una lezione domenicale diretta da Kato Kyoji Sensei, Shihan e rappresentante ufficiale della Tennen Rishin Ryu Bujutsu Hozonkai, che detiene la licenza di Menkyo Kaiden e la qualifica di Decimo Maestro nella successione della scuola.
Per questo incontro non posso che ringraziare la disponibilità di Sandro Furzi, praticante da anni di questo stile, e che detiene una licenza di Chugokui Mokuroku.
La lezione domenicale si è svolta dalle 09.00 alle 12.00, in una sala non lontana dal tempio del Sumo giapponese, a Ryogoku.
Sia Kato Sensei che tutti i praticanti si sono dimostrati da subito molto gentili e pazienti con me, arrivando persino a prestarmi uno dei pesantissimi Bokuto di legno, quasi due chili, che nella prima parte della lezione si usa per praticare contro un compagno armato allo stesso modo, facendo scontrare le spade di legno una contro l’altra in un esercizio chiamato Bokuto no-kirikaeshi accompagnando il tutto con un forte kiai.
Si tratta di un esercizio fisicamente spossante, io stesso, pur praticando regolarmente tecniche di spada con un bokken pesante, ho sentito molta fatica nel maneggiare questa spada di legno, che ha pure una impugnatura molto larga e spessa, e che rinforza la presa della mano, la forza degli avambracci ma, soprattutto, insegna ben presto che per poter usare una spada è necessario coinvolgere tutto il corpo nell’azione di taglio.
Kato Sensei ha poi voluto introdurmi alla pratica dei movimenti di base con la spada, contenuti nel primo kata della scuola.
Le sue spiegazioni sono sempre state logiche e precise, specialmente grazie alla traduzione di Sandro.
In particolare mi ha colpito una sua osservazione su Waki Kamae, una posizione del kendo in cui, di solito, si porta la spada con la punta verso il basso, rivolgendo l’impugnatura verso l’avversario.
Alcune scuole tengono la spada in maniera da nasconderne la lunghezza all’avversario, ma Kato Sensei mi ha detto che non è il caso della Tennen Rishin Ryu, che nello scontro reale non si affida mai a questo genere di espedienti.
Questo suo appunto mi ha fatto riflettere molto sulla differenza tra l’usare in uno scontro reale un trucco, e l’impiegare con maestria un Waza, o tecnica.
Nel Budo la vittoria dovrebbe essere “qui e ora”, e usare un effetto a sorpresa per poter vincere, riguarda più una competizione sportiva a punti, che una situazione di ai-uchi, o vita-morte.
Successivamente Kato Sensei mi ha mostrato alcune tecniche di jujutsu, che venivano utilizzate dai Samurai nei violenti scontri corpo a corpo in armatura.
Durante la spiegazione di una leva articolare, Sensei mi ha chiesto di attaccarlo, per poter testare una variante contro un avversario più alto.
Inutile dire che la variante ha ben funzionato, e mi sono ritrovato il gomito stretto in una dolorosissima chiave articolare al gomito.
Proprio in quei momenti mi sono tornate alla mente le parole del Maestro Helio Gracie, la leggenda del jiujitsu brasiliano, “noi facciamo a mani nude quello che i Samurai facevano con le spade”.
Durante la lezione Sensei mi ha chiesto come mai avessi deciso di praticare questa scuola.
I motivi sono tre:
Uno culturale, non si possono capire in profondità le arti marziali giapponesi senza averne studiato le tecniche di spada, un’arma che tanta influenza ha avuto in ogni ambito del Budo
Uno etico, la pratica della spada racchiude idealmente in sé la pratica delle migliori virtù di un Uomo
Uno marziale, tutti i concetti di distanza, spazio e ritmo nel combattimento a mani nude derviano dal maneggio della spada.
Sensei è rimasto compiaciuto della mia risposta, e così, dopo il saluto finale, abbiamo avuto modo di stare insieme ancora per un po’, pranzando presso un ottimo ristorante nepalese vicino al dojo, continuando a parlare di arti marziali, Zen e persino di robot giapponesi!
Non posso che essere grato a Karo Sensei, a Sandro e a tutti i praticanti della Tennen Rishin Ryu per avermi accolto per questa lezione che, seppur breve, ha davvero contribuito alla mia formazione personale e a rendere questo mio viaggio di studio davvero completo e speciale.