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Intervista a Federico Tisi

Dal momento che Federico è il mio Maestro di Jiujitsu Brasiliano, come gli ho detto anni fa, allora è anche il maestro dei miei allievi.

Di lui apprezzo l’onestà, la professionalità e la passione per il Jiujitsu inteso come “arte”, un processo di trasformazione del corpo e della personalità per tirare fuori il meglio del praticante in competizione, in combattimento o nella vita quotidiana.
Buona lettura:

– grazie della tua disponibilità Federico, puoi presentarti ai nostri lettori?

Grazie a te Andrea, mi chiamo Federico Tisi, ho 46 anni e sono un insegnante professionista dello stile brasiliano di Jiu Jitsu. Ho fondato nel 1999 la prima Accademia totalmente italiana di Jiu Jitsu brasiliano , La Tribe Jiu Jitsu, che oggi conta una trentina di filiali in tutta Italia . Tengo seminari in Italia ed all’estero e sono Presidente Onorario dell’Unione Italiana Jiu Jitsu.

– quando e perché hai iniziato le arti marziali?

Ho iniziato a praticare le arti marziali in quarta elementare con un corso doposcuola di Judo per bambini, perché ero vittima di bullismo a scuola.

– come hai scoperto il Jiujitsu brasiliano?

Ho scoperto il jiu jitsu brasiliano verso la metà degli anni novanta negli ambienti del jeet kune do, disciplina non tradizionale che in quell’epoca stavo studiando. Vidi una cassetta delll’ UFC 2 e poco tempo dopo partecipai ad un seminario tenuto da un maestro americano della disciplina a roma, ed è proprio li che provai le primi tecniche di base al suolo. Da allor anon ho mai smesso di praticare.

– e’ cambiato il tuo modo di allenarti da quando hai iniziato a praticarlo?

La pratica quotidiana vera e propria non è cambiata molto. Sto attento al mio corpo e cerco di imparare e di lottare il più possibile. Tuttavia oggi pratico ed insegno con molto più buon senso , rispettando di più il mio corpo e con finalità più ampie rispetto a quelle che avevo quando avevo vent’anni.

– cosa pensi possa dare la pratica del Jiujitsu?

Sicuramente una capacità di mantenere la lucidità mentale in condizioni di forte stress psicofisico ed anche una maggiore sicurezza in se stessi, derivante da tante ore passate nel confrontarsi veramente con i propri compagni di allenamento e con i propri avversari in gara.

– sentiamo spesso parlare di una “filosofia” o di uno stilendi vita legato al Jiujitsu, secondo esiste?

Secondo me chi vive quotidianamente una passione, in modo completo e ne fa uno strumento di sviluppo personale a 360 gradi finirà per sviluppare spontaneamente uno stile di vita intorno a quella pratica specifica. La cosa importante è che questo stile di vita sia effettivamente positivo per lo sviluppo personale di chi lo adotta, e che di conseguenza abbia ripercussioni positive anche sull’ambiente che lo circonda. Che poi si parli di scacchi, ciclismo, o arti marziali ,poco importa.

– quali sono gli obbiettivi della tua scuola?

Gli obbiettivi della mia scuola sono quelli di proporre una visione ed una pratica del jiu jitsu a 360 gradi a tutti i nostri studenti, senza trascurare gli aspetti agonistici della disciplina e quelli dell’arte marziale vera e propria. Questo obbiettivo viene perseguito ad un’attenta formazione dei tecnici Tribe su tutto il territorio nazionale.

– hai un anedotto divertente riguardo ai tuoi anni di pratica?

Ricordo che nel 1999 ho incontrato a Los Angeles il Maestro Carlson Gracie in occasione di un allenamento a porte chiuse con alcuni esponenti del suo famigerato team. Avevo appena preso la cintura blu ed ero il meno graduato presente. Ero molto nervoso, ma Carlson mi accolse con inaspettato calore. Dopo un duro allenamento diede un passaggio a me ed alla mia fidanzata dell’epoca a Venice Beach. Durante il tragitto mi confessò di amare la musica pop italiana, e mi costrinse a cantare insieme a lui a squarciagola ” Questione di Feeling” di Mina e Cocciante. Non penso lo dimenticherò mai.