Karate: allenamento, Kata e aria aperta
Uno dei vantaggi del karate è poterlo praticare anche da soli, in ogni luogo o momento della giornata.
Il karate tradizionale è stato tramandato soprattutto attraverso le forme di combattimento, o “Kata”, le quali contengono numerose tecniche di difesa, di contrattacco e persino tecniche di proiezione e controllo dell’avversario, tramite dolorose leve articolari.
Tra i più importanti Kata giunti fino a noi vi è Naihanchi, il cui nome letteralmente significa “conflitto diviso interno”.
Questa battaglia avviene quotidianamente tra corpo, mente e spirito, ovvero tra la parte fisica, razionale e emotiva del praticante.
La risoluzione di questo scontro porta a uno stato mentale più sereno ma allo stesso tempo vigile, permettendo al praticante di reagire più rapidamente in una situazione di stress psicofisico.
Naihanchi anticamente era un Kata unico, ma fu poi diviso in tre livelli di apprendimento: Shodan, Nidan e Sandan.
Anticamente era il primo Kata a essere insegnato, e i maestri di karate consigliavano ai loro allievi di eseguire Naihanchi almeno diecimila volte, o per tre anni di fila, prima di passare alle forme successive.
Nella scuola Kyokushin Kenbukai, Naihanchi Shodan, eseguito nella foto da Sensei Andrea Stoppa, è considerato un Kata “interno”, il cui studio non si limita solo alla ripetizione fisica della sequenza.
Apprendere e perfezionare questa forma oltre a fare padroneggiare un determinato numero di tecniche di combattimento, permette anche all’energia del corpo di circolare meglio nel nostro organismo, migliorando la respirazione e ottenendo un più razionale uso della forza.