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Marzo 2020

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Intervista a Stefano Agostini Sensei

Stefano Agostini è il mio Sensei di I-ken/Yi quan, lo conosco dal 2000 e per lungo tempo mi sono allenato al Budokan di Firenze, la sua accademia.Sensei è uno dei migliori studiosi, praticanti e combattenti europei di stili interni.

È tra i pochi, se non l’unico in Italia, a proporre un sistema di combattimento efficace e realistico basato sulle dinamiche di queste scuole.

Mentre molti presunti istruttori di stili interni si nascondono dietro alla ripetizione ottusa di forme più o meno artistiche, indossando splendidi pigiami satinati, senza sudare e nascondendo le loro incapacità dietro a vuoti paroloni in cui ricorre spesso la parola “energia”, Stefano Sensei non esita a indossare le protezioni e a praticare il kumite con chiunque.

La sua cultura, non solo marziale, come la sua passione per lo studio sono notevoli, vi consiglio di procurarvi i suoi libri editi dalle Edizioni Mediterranee: “Kung Fu Yi Quan, la boxe della mente “ e “I segreti delle arti marziali interne” e, se passate a Firenze, fermatevi presso il suo dojo, ne vale la pena!

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D: Grazie della tua disponibilità Stefano, puoi presentarti ai nostri lettori?

R: Mi chiamo Stefano Agostini, sono psicologo e psicanalista, ma da quasi quaranta anni lavoro come insegnante professionista di arti marziali.

Ho praticato per circa 20 anni Karate Shotokan col Maestro Hiroshi Shirai, e sono 5° Dan di Karate della Dai Nippon Butokukai.

In quel periodo ho praticato anche Judo, Kobudo, e Nippon Kempo.

Nel 1992 sono entrato nella Scuola del M° Kenji Tokitsu, e ho cominciato il mio lungo viaggio nelle “Arti Marziali Interne”.

Ho praticato Tai Chi di diversi stili, Hsing I, Pa Kua, molti sistemi di Chi Kung…

Sono stato uno dei pionieri europei e mondiali di Yi Quan, ho studiato Wing Chun, e anche BJJ, con il primo campione italiano e caro amico, Roberto Galardi.

Sono stato anche il primo Italiano a seguire lo stile I Liq Chuan del Maestro Sam Chin, e il primo Italiano a seguire in Giappone la Scuola Kuroda e il Metodo Hida.

Negli Stili Interni cinesi ho avuto diverse cariche, come responsabile italiano ed europeo di diverse scuole, ma poi mi sono staccato da tutto questo, e ora lavoro per conto mio.

Ho inoltre collaborato per molti anni con alcune importanti riviste del settore, come “Samurai” e “Kung Fu Magazine”, e ho pubblicato per i tipi della “Edizioni Mediterranee” due libri: “Kung Fu Yi Quan”, e “I Segreti delle Arti Marziali Interne”.

Attualmente dirigo il centro di Arti Marziali Budokan, di Firenze, e la mia associazione, che si chiama “International Nei Jia Academy”.

D: Quando e perché hai iniziato le arti marziali?

R: Ho iniziato a 12 anni. Ero sempre stato appassionato di Giappone e Arti Marziali. Mi ero messo a cercare una palestra, e trovatala, avevo chiesto a mia mamma di venire a firmare l’iscrizione.

“Non si preoccupi signora, in questa palestra non si è mai fatto male nessuno!“ disse a mia madre il piccolo e famoso maestro di Judo, Elio Sarti: uno dei pionieri della arti marziali in Toscana.

Poi, quando la mamma fu uscita, si alzò dalla scrivania e andò faticosamente verso la sala da allenamento, zoppicando sulla protesi al ginocchio che gli avevano messo dopo un incidente di pratica.

Avevo 12 anni, e desideravo fare arti marziali da sempre. Sulla rivista Cintura Nera, una interessante pubblicazione di Bologna, avevo letto un articolo su questa storica palestra di Firenze, e finalmente ero riuscito a convincere i miei ad iscrivermi.

Mi ero comprato una borsa e un ottimo Judo-gi, e cominciai a frequentare il corso.

Il Judo mi piaceva, ma quello che veramente mi affascinava era la misteriosa stanza dove facevano il Karate, un corso aperto solo ai maggiori di 18 anni.

Così, dopo un anno e mezzo, interruppi la pratica e decisi di aspettare la maggiore età per fare quello che desideravo veramente.

A 17 anni cominciai a girare le poche scuole di Karate di Firenze, a leggere quello che si trovava in giro, e a vedere qualche gara delle diverse federazioni, in modo da essere sicuro di scegliere il posto migliore dove cominciare.
E finalmente, a 18 anni, cominciai la pratica del mio sogno, in una famosa scuola affiliata all’organizzazione del Maestro Hiroshi Shirai, uno dei più grandi esperti al mondo, che aveva scelto di insegnare in Italia.

D: Come hai scoperto gli stili interni?

R: Nel 1982, una breve introduzione al Tai Chi Chuan, col Maestro Chang Dsu Yao, mi aveva lasciato del tutto insoddisfatto, e piuttosto deluso della famosa arte cinese.

Nel 1992 accadde però qualcosa che rivoluzionò completamente la mia pratica.
Avevo seguito con molto interesse la pubblicazione di una serie di appassionanti
articoli sulla rivista Samurai, che descrivevano il lavoro di un giovane Maestro giapponese: Kenji Tokitsu, venuto dalla mia stessa scuola di Karate, ma poi salpato per altri misteriosi e affascinanti lidi.

Alla fine, decisi di andare a trovarlo a Milano, partecipando a uno dei seminari in Italia della sua scuola.

Il lavoro che feci in quei due giorni mi lasciò davvero senza parole: Tai Chi, Karate classico di Okinawa, Yi Quan, Tai Ki Ken, Chi Kung, tutto proposto con una coerenza globale, un’unità di principi, e un rigore di ricerca senza paragoni.

Comprai dieci copie del manuale tecnico della scuola “Shaolin Mon”, tornai a Firenze, le regalai alle mie cinture nere e comunicai che da quel momento avrei seguito il Maestro Tokitsu e la sua organizzazione, ricevendo reazioni diverse: qualcuno decise di seguirmi, e qualcun altro se ne andò sbattendo la porta.

Ma io non potevo fare altrimenti: avevo “riconosciuto” quello che avevo cercato per così tanti anni.

Cominciarono anni di studio “matto e disperatissimo”: c’erano tantissime cose da
imparare: due stili di Tai Chi, Chen Tsung e Chen, il lavoro energetico, i Kata di Karate di Okinawa, lo Yi Quan e il Tai Ki Ken, il Ken Jutsu interno della Scuola Kuroda…

Avevo trovato la mia strada.

D: E’ cambiato il tuo modo di allenarti a quando hai iniziato a praticarli?

R: Quando cominciai a praticare i veri stili interni, il mio corpo cominciò a rifiutare il Karate esterno che avevo fatto fino a quel momento: non riuscivo più a muovermi in un certo modo.

Con questo non voglio dire che un sistema è superiore all’altro: è una questione di scelta, a volte determinata da svariati fattori: il gusto personale, l’età, il tempo a disposizione, e, non ultimo, il talento che si può manifestare per l’una o l’altra scuola.

Ma mentre gli stili esterni sono molto chiari e comprensibili, la scuola interna ha caratteristiche meno ovvie, e i problemi e talora gli egoismi legati alla trasmissione hanno fatto sì che a volte l’apparenza abbia sostituito la sostanza, e quelli che dovevano essere gli elementi di base, siano stati così nascosti o dimenticati da essere diventati “segreti”.

Per questo ho scritto il mio ultimo libro: “I Segreti delle Arti Marziali Interne”, dove spiego in dettaglio quello che ho capito in tanti anni.

D: Cosa pensi possa dare la pratica degli stili interni a chi pratica karate o Jiu-Jitsu brasiliano?

R: Il primo obiettivo degli Stili Interni è costruire una nuova conoscenza e una nuova gestione del proprio corpo.

Si usano biomeccaniche diverse, che di solito sono improntate a dei principi di economia energetica, e che quindi diventano particolarmente preziose con l’avanzare dell’età, quando la forza fisica diminuisce.

Sicuramente direi che, a prescindere dalle scelte individuali, una maggiore comprensione del funzionamento e delle possibilità del corpo porta a risultati migliori e più proiettati nel futuro.

D: Quali sono gli obiettivi della tua scuola?

R: Nella mia scuola cerco di trasmettere agli allievi i principi e le tecniche degli Stili Interni usando una didattica particolare, elaborata da me negli ultimi venti anni, che utilizza i punti sinergici dei vari stili per raggiungere una comprensione più completa, profonda e veloce.

Oggi la didattica è essenziale, perché nessuno pùò più dedicare 5-6 ore al giorno alla pratica, come nei tempi antichi, ma dobbiamo cercare di arrivare almeno alla stessa comprensione con 2-3 lezioni alla settimana. Naturalmente portate avanti per alcuni anni, come un Corso di Laurea. Si tratta pur sempre di Arti profonde e complesse.

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Allenamento al makiwara

Esistono diverse forme di maki wara ( letteralmente “paglia arrotolata”), questo usato da Sensei Andrea è uno dei modelli da lui auto costruito, adatto all’allenamento all’aperto.

Sensei Andrea usa il makiwara da più di venti anni, pertanto la forza dell’impatto e il modo di utilizzarlo sono diversi rispetto al modo di usarlo di un principiante.

Il makiwara non rinforza solo i polsi ma migliora anche la presa.

Il leggendario judoka Kimura ne incominciò la pratica perché aveva realizzato che rispetto ai judoka che usano principalmente quattro dita nel fare le prese sul gi, senza usare il pollice, i karateka chiudevano completamente il pugno nel colpire il makiwara, usando tutte e cinque le dita.

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Intervista a Federico Tisi

Federico è il mio maestro di Jiu-Jitsu brasiliano.

Di lui apprezzo l’onestà, la professionalità e la passione per il Jiujitsu inteso come “arte”, un processo di trasformazione del corpo e della personalità per tirare fuori il meglio del praticante in competizione, in combattimento o nella vita quotidiana.

Buona lettura!

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Stoppa – Grazie della tua disponibilità Federico, puoi presentarti ai nostri lettori?

Tisi – Grazie a te Andrea.

Mi chiamo Federico Tisi, ho 46 anni e sono un insegnante professionista dello stile brasiliano del Jiu-Jitsu. Ho fondato nel 1999 la prima Accademia totalmente italiana di Jiu Jitsu brasiliano: Tribe Jiu-Jitsu, che oggi conta una trentina di filiali in tutta Italia. Tengo seminari in Italia e all’estero e sono Presidente Onorario dell’Unione Italiana Jiu-Jitsu (UIJJ).

S – Quando e perché hai iniziato le arti marziali?

T – Ho iniziato a praticare le arti marziali in quarta elementare con un corso doposcuola di Judo per bambini, perché ero vittima di bullismo.

S – Come hai scoperto il Jiu-Jitsu brasiliano?

T – Ho scoperto il Jiu-Jitsu brasiliano verso la metà degli anni novanta negli ambienti del jeet kune do, disciplina non tradizionale che in quell’epoca stavo studiando. Vidi una cassetta dell’UFC 2 e poco tempo dopo partecipai ad un seminario tenuto da un maestro americano della disciplina a Roma, ed è proprio li che provai le primi tecniche di base al suolo. Da allora non ho mai smesso di praticare.

S – E’ cambiato il tuo modo di allenarti da quando hai iniziato a praticarlo?

T – La pratica quotidiana vera e propria non è cambiata molto. Sto attento al mio corpo e cerco di imparare e di lottare il più possibile. Tuttavia oggi pratico ed insegno con molto più buon senso, rispettando di più il mio corpo e con finalità più ampie rispetto a quelle che avevo quando avevo vent’anni.

S – Cosa pensi possa dare la pratica del Jiu-Jitsu?

T – Sicuramente una capacità di mantenere la lucidità mentale in condizioni di forte stress psicofisico ed anche una maggiore sicurezza in se stessi, derivante da tante ore passate nel confrontarsi veramente con i propri compagni di allenamento e con i propri avversari in gara.

S – Sentiamo spesso parlare di una “filosofia” o di uno stilendi vita legato al Jiu-Jitsu, secondo esiste?

T – Secondo me chi vive quotidianamente una passione, in modo completo e ne fa uno strumento di sviluppo personale a 360 gradi finirà per sviluppare spontaneamente uno stile di vita intorno a quella pratica specifica. La cosa importante è che questo stile di vita sia effettivamente positivo per lo sviluppo personale di chi lo adotta, e che di conseguenza abbia ripercussioni positive anche sull’ambiente che lo circonda. Che poi si parli di scacchi, ciclismo, o arti marziali, poco importa.

S – Quali sono gli obiettivi della tua scuola?

T – Gli obiettivi della mia scuola sono quelli di proporre una visione ed una pratica del jiu jitsu a 360 gradi a tutti i nostri studenti, senza trascurare gli aspetti agonistici della disciplina e quelli dell’arte marziale vera e propria. Questo obiettivo viene perseguito ad un’attenta formazione dei tecnici Tribe su tutto il territorio nazionale.

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Kyokushin Kenbukai: rinviato seminario

Il seminario di Kyokushin Kenbukai con Kaicho Masahiro Kaneko è rinviato, si terrà infatti a Pordenone dal 19 al 21 giugno.

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Allenamento per la mobilità delle anche

Un esercizio piuttosto impegnativo ma molto utile per la mobilità delle anche nel karate e nel jiujitsu brasiliano.

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