• +39 347 8745605 segreteria@shinbudokai.it

150 150 ASD Centro Studi Arti Marziali

I nostri soci: Fabio e la ricerca del Budo

Fabio è un “Khsatrya”, in lingua sanscrita un guerriero, ma anche un cercatore.
Cercare oltre, scavare a fondo, dubitare di sé e trovare nuove vie, questo in realtà è il Budo.
Buona lettura

– Ciao Fabio, presentati ai lettori.
Sono nato a Pordenone nel 1991 e ho sempre vissuto a Cordenons. Pratico karate dal 1998, prima nella sua variante “sportiva” poi, nel 2018, sono passato al karate Kyokushin Kenbukai nella palestra del Maestro Andrea Stoppa.

– Perché hai scelto di iniziare la pratica del karate da piccolo?
Può sembrare una barzelletta ma volevo semplicemente imparare a fare l’onda energetica di Goku, il protagonista di Dragon Ball, immaginate la delusione quanto scoprii che non sarebbe stato possibile. Ero un bambino di prima elementare, ho stressato mia madre finché non mi ha portato alla mia prima lezione.

– Cosa ti ha spinto a continuare la pratica per tutto questo tempo e perché hai deciso di cambiare stile?
Le motivazioni chiaramente cambiano con l’età: da piccolo era semplicemente quasi l’unico sport che mi piacesse praticare, in aggiunta a questo ho avuto la fortuna di praticare per molti anni assieme a qualche amico d’infanzia, il che ha ovviamente aiutato.
Crescendo mi sono sempre più appassionato al gesto tecnico, dovuto anche al fatto che nella mia vecchia palestra si praticasse soprattutto kata (forme predefinite eseguite senza un avversario reale) per la partecipazione alle gare, e ho iniziato a intendere le arti marziali come un metodo per proteggere gli altri e me stesso in caso di necessità.
Passati i vent’anni e raggiunto il terzo dan ho iniziato a collegare il gesto tecnico con una dimensione mentale più che fisica rendendomi successivamente conto però che mancava qualcosa. Col tempo infatti mi sembrava che il mio karate fosse arrivato al termine di un percorso che non avrei potuto continuare se non cambiando radicalmente stile e metodo di pratica.
Qualche anno fa conobbi il Kyokushin attraverso un compagno di allenamento e successivamente Youtube, mi feci una scorpacciata di video dei mondiali in Giappone assistendo ai combattimenti di atleti del calibro di Matsui, Midori, Kazumi, Hug (grazie al quale mi appassionai anche al K1 World Gran Prix) e altri che, col tempo, divennero per me dei veri e propri eroi. Spinto dall’entusiasmo decisi di partecipare ad uno stage tenuto da Kancho Gerard Gordeau presso la palestra del Maestro Stoppa e mi innamorai di quel modo di intendere il karate, tanto che al termine dell’allenamento gli dissi che avrei partecipato ai corsi già dalla settimana successiva. Il Maestro però mi disse di pazientare (la mia idea era di iniziare la pratica del Kyokushin senza però abbandonare il mio vecchio stile) poiché un cambio così radicale andrebbe affrontato all’interno di un percorso di anni e con serietà. Continuai quindi a praticare il mio vecchio stile per un paio d’anni finché, spinto dalla mancanza di stimoli in quell’ambiente e dal tarlo del Kyokushin ancora ben presente, decisi di iscrivermi alla nuova palestra (fine agosto 2018).

– Cosa ha significato ripartire dalla cintura bianca dopo tutti quegli anni di pratica?
Non sono mai stato attaccato ai gradi (penso che la cintura serva solo a tenere chiusa la giacca del karategi, sempre che non sia già provvisto di laccetti), quindi mi è sembrata una cosa assolutamente naturale e scontata; è stata semmai un’occasione per rimettermi in gioco, uscire dalla zona di comfort che mi ero creato e trovare nuovi stimoli.

– Cos’hai trovato nel Kyokushin che prima ti mancava?
Ho capito cosa volesse dire combattere davvero, con un avversario che non si ferma dopo aver fatto un punto, che ti mette pressione e che fondamentalmente vuole farti del male (in gara o nella vita reale). Ora ho la sensazione di sapermi davvero difendere in caso di necessità.
La pratica a contatto pieno mi ha permesso di diventare più consapevole delle mie potenzialità e più sicuro di me stesso in ogni ambito. Allo stesso tempo ho però rafforzato la convinzione che il combattimento nella vita reale va evitato finché possibile.
Qui il karate viene praticato in maniera più approfondita e stimolante, ogni tecnica viene analizzata e sviluppata in modo che anche un allenamento composto da un solo pugno sia interessante e costruttivo.
Dopo il passaggio definitivo alla Kyokushin Kenbukai con Kaicho Masahiro Kaneko poi, la pratica è ulteriormente cresciuta di livello grazie all’utilizzo ormai regolare durante gli sparring dei pugni al viso (contrariamente a quanto avviene nel Kyokushin classico in cui non sono contemplati) e alle sessioni di allenamento concernenti gli stili interni (I-Ken) atti allo sviluppo di un modo diverso di utilizzare il corpo e la mente.

– Da poco hai iniziato a frequentare il corso di Jiu Jitsu Brasiliano, perché questa scelta?
Le discipline lottatorie non mi hanno mai attirato e ho sempre preferito quelle percussive, col tempo però, anche grazie ai consigli del Maestro Stoppa, ho capito che se volevo ampliare il mio bagaglio tecnico nel combattimento e diventare più completo avrei dovuto per forza di cose approcciarmi ad una disciplina come il Jiu Jitsu Brasiliano.
Il mio primo allenamento fu un seminario tenuto dal Professor Federico Tisi nella nostra palestra il quale, grazie alla sua efficacissima didattica, mi fece da subito piacere la disciplina, mettendomi di fronte ad un modo per me totalmente diverso di intendere il combattimento e facendomi superare le perplessità iniziali.
Da lì continuai a frequentare il corso con una frequenza più o meno quindicinale e non posso nascondere che ormai la pratica del Jiu Jitsu è per me gradita e stimolante tanto quanto quella del karate.

– Che obiettivi hai per il futuro?
Imparare. Sento di aver iniziato un percorso che mi sta dando ottimi frutti ma so di essere all’inizio.
Prossimamente mi piacerebbe andare in Giappone ad allenarmi con il Maestro, consolidare le mie basi nel Jiu Jitsu Brasiliano e diventare un combattente il più completo possibile.